Tumore alla prostata, perché motivare il paziente

La strada per sconfiggere il carcinoma della prostata (la principale problematica oncologica maschile con circa 40 mila nuove diagnosi ogni anno nel nostro Paese, ed oltre 300mila pazienti che convivono con il tumore e che hanno affrontato un percorso di cura, dalla sorveglianza attiva all’utilizzo di farmaci, all’intervento chirurgico) passa anche dall’ascolto dei reali bisogni dei pazienti e dalla condivisione delle strategie terapeutiche.

Uno studio della Società Italiana di Urologia (SIU) ha messo in evidenza come l’87% dei pazienti e il 93% degli urologi ritiene indispensabile il coinvolgimento del malato in tutte le decisioni relative al percorso terapeutico.
Non a caso quasi il 90% di chi è in cura presso centri dove la multidisciplinarietà è reale è soddisfatto del rapporto con i medici (87%), delle informazioni ricevute (75%), delle visite effettuate (86%), delle cure somministrate (87%).

Questi dati confermano che il miglior approccio per la gestione dei pazienti con tumore alla prostata deve prevedere l’accesso a team multidisciplinari di cura e il cosiddetto “patient empowerment”, ovvero la legittimazione e responsabilizzazione del paziente, vera chiave di volta del successo della terapia.

Il paziente oncologico deve essere al centro del percorso terapeutico, partecipare alle decisioni in maniera consapevole e non essere mai posto nella difficile situazione di dover scegliere tra due alternative terapeutiche diverse per opinioni contrastanti dei singoli specialisti.

La condivisione di paure, speranze e pensieri con altri pazienti è poi un desiderio espresso dal 44% dei malati ed è molto importante soddisfarlo.

Il coinvolgimento del paziente urologico rimanda ad un altro problema più generale: la cura di sé e della propria salute da parte del maschio.
L’uomo non fa prevenzione: solo il 10- 20% degli uomini si è sottoposto nella vita ad una visita di prevenzione, contro oltre il 50-60% delle donne di pari età. Inoltre, 9 maschi su 10 si sottopongono a visita medica solo se affetti da patologie gravi e sono estremamente reticenti a parlare delle proprie problematiche con uno specialista. Eppure gli uomini si ammalano di più e spesso in maniera più grave rispetto alle proprie compagne.

Un’adeguata prevenzione, specie in ambito urologico, effettuata in età giovanile, adulta ed avanzata, riduce significativamente la frequenza delle patologie tumorali (della prostata, del rene, della vescica e del testicolo), consentendone inoltre una diagnosi precoce ed un tempestivo trattamento, e delle patologie benigne (calcolosi urinaria, iperplasia benigna della prostata e prostatiti, infertilità maschile e disfunzioni sessuali) che possono però determinare, se trascurate, una riduzione della qualità della vita ed un danno per la salute sessuale e riproduttiva.