Il tumore alla prostata
Il cancro della prostata rappresenta il tumore più frequente nel maschio e la seconda causa di morte per neoplasia negli uomini, dopo il tumore del polmone.
Si stima che in Europa ogni anno vengono diagnosticati all’incirca 2,6 milioni di nuovi casi di carcinoma della prostata. In Italia, in media, si registrano circa 40.000 nuovi casi l’anno, con circa 7.000 decessi. Il rischio di sviluppare un tumore della prostata aumenta con l’aumentare dell’età. Più dell’80% dei casi di neoplasia prostatica, infatti, sono diagnosticati in pazienti di età superiore ai 65 anni ed il 94% dei decessi si verifica nello stesso gruppo di età.
I SINTOMI
Nelle sue fasi iniziali, il tumore della prostata è totalmente asintomatico e non mostra alcun sintomo obiettivo che possa rappresentare un campanello d’allarme. Solo nei rarissimi casi in cui la diagnosi del tumore viene fatta in una fase molto avanzata, è possibile osservare alcuni sintomi specifici quali ostruzione al flusso urinario (a causa dell’invasione dell’uretra prostatica), sangue nello sperma o emospermia (a causa dell’invasione delle vescicole seminali) o dolori ossei dovuti alla presenza di metastasi ossee.
La mortalità dovuta al cancro prostatico è in diminuzione: la lenta velocità di crescita che spesso caratterizza il tumore, ma soprattutto la prevenzione e le terapie aggressive ed efficaci, oggi a nostra disposizione, fanno sì che molti uomini, cui è stato diagnosticato un tumore della prostata, non moriranno a causa di esso.
LE CAUSE
Le cause specifiche del tumore prostatico sono sconosciute. Il rischio che un uomo sviluppi il tumore è correlato all’età, all’etnia, a fattori ereditari, alla dieta ed allo stile di vita. Il più importante fattore di rischio è la familiarità: la presenza di un familiare (padre, nonno, fratello) affetto da cancro della prostata aumenta fino a 10 volte il rischio di sviluppare lo stesso tumore.
Le terapie
La terapia del carcinoma prostatico può comprendere: l’osservazione in assenza di trattamento, la chirurgia, la radioterapia, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità HIFU, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale, o una combinazione di queste. La scelta dell’opzione migliore dipende dallo stadio della malattia, dall’età e dalle condizioni generali del paziente.
La chirurgia del tumore prostatico costituisce, quando possibile, la migliore strategia terapeutica possibile: essa prevede la rimozione in blocco della prostata e delle vescichette seminali e la successiva anastomosi della vescica con il moncone uretrale (prostatectomia radicale). L’intervento è di solito preceduto da una linfoadenectomia pelvica, cioè dall’asportazione dei linfonodi che drenano i linfatici dalla ghiandola prostatica.
Lo scopo dell’intervento è quello di rimuovere chirurgicamente tutto il tumore, consentendo così la definitiva guarigione del paziente. Pertanto, è candidabile ad intervento prostatectomia radicale con intento curativo il paziente con neoplasia confinata all’interno della ghiandola: tale possibilità, grazie alla prevenzione ed alla diagnosi precoce, è in continuo aumento.
La sempre più crescente diagnosi di tumori organo-confinati ed i progressi in campo scientifico-chirurgico hanno migliorato notevolmente i rischi dell’intervento e delle complicanze post-operatorie.
TECNICA NERVE-SPARING
La tecnica “nerve-sparing” ne costituisce l’esempio più significativo: in caso di tumore localizzato, tale tecnica chirurgica prevede il risparmio dei fasci vascolo-nervosi coinvolti nel meccanismo dell’erezione, mono o bilateralmente, consentendo il mantenimento od il facile recupero della funzione sessuale nel paziente operato.
La prostatectomia nerve-sparing unisce, quindi, i vantaggi di un perfetto controllo oncologico ai vantaggi della preservazione dei fasci vascolo-nervosi che determina un più rapido e completo recupero della funzione erettile dopo l’intervento.